orlando

Orlando

a cura di Luca Francesconi
Artisti in mostra:
David Douard, Yannic Joray, George Henry Longly, Emanuele Marcuccio, Christoph Meier, Katia Novitskova,
Andrea Romano
29 settembre 2012 - 9 novembre 2012

Nel limite dove l’azzurro volge l’argento vi è uno spazio interiore, virtuale,  che disegna la storia dell’isola in mezzo al Mediterraneo. E’ uno spazio costruito di cose che restano, storie, suggestioni ed immagini, soprattutto. La Sicilia è il luogo dove la storia ha assunto caratteri multiformi che spesso hanno trovato identità differenti rispetto la loro origine.

Orlando non è una mostra e certamente non è neppure un insieme di eventi, anche se tutte queste sono contenute nel progetto che da alcuni mesi, assieme a molte persone, stiamo portando avanti. Preferisco definirlo un format che si estende sul territorio siciliano, svolgendosi presso la Fondazione Brodbeck ed altre realtà di progetto come l’A
  (Palermo), Bocs (Catania), Coca (Modica).

Vorremmo parlare dell’Isola attraverso un evento che si nutre tanto della rete quanto della realtà,  coinvolgendo artisti che si confrontano non solo con l’attualità e la tradizione ma anche con l’immaginario collettivo che la Sicilia  riveste nel mondo. 

Orlando vuol dare corpo ad un ipertesto ambiguo nel quale il Mediterraneo è translato attraverso la sua derivazione latina, e dove le suggestioni della storia o le sue raffigurazioni classiche si scontrano con immagini stereotipate. Anche il titolo,che prende il nome dall’antico paladino protagonista della Chanson de Roland, nella storia ha mutato spesso la sua valenza. Utilizzato in maniera “alta” da poeti quali Boiardo e Ariosto, la tradizione lo ha “cambiato”, forse “abbassato” e “storpiato”, facendolo diventare il condottiero un po sgangherato del Teatro dei Pupi. Queste marionette, tanto preziose e di meticolosa fattura, appaiono –  e quasi estremizzano – quel portamento dinoccolato e vanaglorioso, che già fu del Don Chichotte di Cervantes, pazzo e sognatore di un passato che non ritorna.

Oggi I Pupi fanno parte dell’ immaginario collettivo, stranamente rustico e popolare, che la  Sicilia ha nel mondo intero. Quasi a sottolineare come le immagini siano “scatole” che cambiano in continuazione il loro contenuto, e dunque  il loro significato.

La mole di suggestioni fluide a cui potevamo attingere ci ha portato a dare vita ad una raccolta tematica d’immagini sul sito internet dedicato all’evento (www.orl4ndo.com) : diversi artisti, anche non presenti nella mostra di Catania, hanno proposto una rilettura della tradizione mediterranea, declinata con un enorme ventaglio di punti di vista, che sta alla base delle tematiche di Orlando.

La mostra alla Fondazione Brodbeck vuole essere in qualche misura la parte più empirica di questo percorso. I lavori di George Henry Longly, Andrea Romano, Christoph  Meier, Emanuele Marcuccio, Yannic Joray, Katja Noviskova, David Douard  sono messi in dialogo negli spazi catanesi; l’archelogia industriale del “fortino” è posta in discussione, infatti, con opere che prendono spunto dall’idea di tradizione ma la remixano in un’estetica fluida, e dove gli elementi visivi sono posti vicino ad oggetti della contemporaneità. Emerge una visione trasversale della cultura siciliana (ed dell’estetica in generale), in cui il tempo, inteso in senso cronologico, è alterato e la storia stessa è presa nella sua integralità, senza più distinzione tra il concetto di “precedente”, “contemporaneo” e “futuribile”. Se, dunque, l’idea di “continuità temporale” delle epoche, o la Storia come dialettica di eventi è in qualche misura figlia dell’Idealismo, la lettura che Orlando propone è dominata da una visione decisamente materialistica: molte opere sono veri e propri oggetti riproposti, magari riletti con materiali della tradizione, come il marmo o la ceramica classica siciliana, ma il senso stesso di opera d’arte è compomesso con la banale realtà, essendo la realtà stessa discutibile, ed in questo senso “virtuale”. Questo neo-materialismo, già teorizzato da filosofi come De Landa, Silvio Ceccato o Brice DeWitt (in campo fisico) ,  è l’alveo naturale in cui sviluppare l’idea di  “database”.

Il progetto di Orlando, contemporaneamente reale e virtuale, estremizzando l’idea di “contenitore”, se fosse possibile da visualizzare  in un solo momento – per esempio un colpo d’occhio – non sarebbe un collage disposto s’un piano, ma una sequenza infinamente veloce e successiva di miliardi d’immagini, che una dopo l’altra scorrono in un tempo piccolissimo, magari infinitesimale. La rete,  quindi, in un contesto estetico ormai globalizzato, simula questa situazione, e diventa una banca dati assolutamente sparsa, inesatta e caotica nella quale il senso comune prende forma.

Il ritratto della Sicilia è volutamente sbagliato, o meglio, generalizzato, massificato:  un compendio estetico divergente. Una rappresentazione di Antropologia Radicale che potremo accumunare alle nuove pratiche di Gonzo-antropology o di “aquired tastes”, nelle quali il folklore, l’immaginario collettivo, la cultura digitale così come elaborazioni di particolarità siciliane, si fondono in maniera subliminale.

Luca Francesconi